VIRGILIO, SEI FORSE TU?

Non so che tempo ci fosse quel giorno d’estate quando a comprare vino arrivò Franco Scapin con il fratello e il papà. So soltanto che da quel giorno quel fratello grassottello, dai movimenti lenti, con un faccione simpatico, dai modi schietti e semplici ritornò. Ritornò per tutti gli anni a seguire fino all’estate del 2006 quando la malattia gli consumò tutte le forze. Virgilio arrivò da sconosciuto libraio in casa Miotti, casa di contadini, produttori di vino.

(Franca Miotti)

“Sembrava una gita banale” dichiarò in una intervista su Rai 3, “una gita domenicale con amici che ti portano da altri amici a te sconosciuti. Invece questa gita si è rivelata una grande circostanza: ho conosciuto Firmino, la sua casa, la sua stalla, la sua cantina. Ho conosciuto un contadino come oggi non ce ne sono più, gramscianamente parlando un contadino totale, completo, sa fare di tutto e fa anche il narratore. Firmino è un affabulatore.
Se non ci fosse stato Firmino non avrei mai scritto due dei miei libri, forse per me i più importanti: “I Magnasoéte e La giostra degli arcangeli”.

L’amicizia con Virgilio si rafforzò subito. Le visite avevano cadenza settimanale, se non giornaliera. Al matrimonio di Firmino Virgilio era presente (anche se non compare mai nelle poche foto davanti alla chiesa perchè per riscaldarsi durante la cerimonia era andato all’osteria di fronte!). Era un gran consumatore del bussolà della nonna, spesso intinto nello Sampagna.

La semplicità, la capacità di colloquiare con le persone più umili come con quelle più colte gli permettevano di essere sempre a suo agio, di essere amico di tutti. Le domeniche a casa nostra erano invase di gente. Ad accompagnare Virgilio, senza patente per scelta, c’era sempre qualcuno disponibile.
A volte il raduno era di quasi trenta persone alle quali si aggiungevano gli amici e parenti di Firmino e Pina! Firmino era sempre in vigna quando arrivava Virgilio, così era proprio Virgilio ad andare a chiamare l’amico con passo felpato, con ritmo da salamandra.

Si fermava lungo il cammino ad assaporare la frutta finché, raggiunto Firmino, iniziava un’allegra e frenetica conversazione su piante, persone, lavori, invenzioni e spiegazioni varie.
Virgilio tecnicamente sapeva molte cose, Firmino lo istruiva sui lavori manuali, gli raccontava gli episodi storici del paese, la guerra vissuta e raccontata dai nonni e Virgilio godeva e “incamerava” le notizie nel cuore e nel cervello. Imparò persino a mungere e “Curar soto” e l’odore di stallatico di cui si impregnavano i vestiti era fonte di orgoglio il giorno seguente quando in libreria qualche cliente si lamentava dello strano parfume. Ricordo un periodo quando ero piccola che le visite erano aumentate, avevano una cadenza quasi giornaliera.

La nostra casa era la sua casa, arrivava a qualsiasi ora, anche col taxi, con qualsiasi persona: era fiero di mostrare alle persone quel suo “tesoro”. Ricordo la sera che venne con Marcella Pobbe, lei era una donna alta, bionda e di buona struttura, vestita con colori sgargianti. Arrivati sull’uscio, la fece cantare: l’acuto si amplificò nel corridoio al punto tale da farmi portare le mani alle orecchie!
….Ricordo quella sera in cui Neri Pozza mi chiese un foglio per farmi un disegno. Terminata l’opera mi chiese cosa ne pensavo. Raffigurava tetti di case stilizzate, ma nella mia mente di bambina le case non erano così e gli risposi che io le facevo meglio! Me le fece disegnare su un altro foglio e finito mi disse “Io ti do il mio disegno, se tu mi regali il tuo”. Accettai.
Ora quel disegno è appeso in cantina; del mio non ne seppi più nulla.

Di Virgilio ho tantissimi ricordi. Conosceva moltissime persone e tutte prima o dopo venivano a conoscere Firmino, diventando abituali frequentatori dell’azienda.

Nelle escursioni in montagna, quando Virgilio rimaneva al campo-base a controllare il vino e il cibo mentre gli altri si cimentavano a raggiungere la vetta prefissata, la parte del vino data in custodia veniva spesso omaggiata ai passanti che conosceva.
Un anno Firmino decise che era giusto che anche Virgilio vedesse Cima Ortigara dopo avergliene parlato tanto e dopo gli innumerevoli anni di pellegrinaggio.
Partiti dal campo-base, piccolo slargo a qualche chilometro dal piazzale dei pullman, fra spintoni, soste e “urtoni”, dopo qualche ora raggiunsero cima Lozze. Preoccupato della stanchezza dell’amico, Firmino decise di fermare la passeggiata dopo la chiesetta dove, ancora oggi, si scorge Cima Ortigara. “Ecco Virgilio quella è l’Ortigara” gli indicò fiero Firmino; stanco e accaldato, Virgilio rispose: “ Tutta questa fatica, tutti quei morti per quel brullo monte lì? Mi ghelo garia lasà ai austriaci!!!!”.

Virgilio e mio padre furono sempre coppia fissa nel gioco delle carte, soprattutto nella scopa all’asso: loro due contro tutti! Ricordo che nel caso di vittoria con la “premiera decima”, veniva appeso sul chiodo del calendario il foglio del punteggio con tanto di nome degli sfidanti, e ci rimaneva per circa un mese.

Proprio questo affiatamento tra loro due, lo scambiarsi le cose simpatiche successe nei giorni che non si vedevano, fece sì che Virgilio, spronato anche da altri amici, iniziasse a scrivere delle storielle per accompagnare i vini di Firmino negli omaggi natalizi.
La prima fu La storia del Gruajo; il Natale successivo proseguì raccontando l’invenzione di Firmino per “tirare so le siarese”: così nacque La Fiora. L’anno successivo scrisse La Prete, finchè nel giro di qualche anno ultimò i 5 racconti che, fatti leggere ad un noto editore, che se ne entusiasmò, vennero raccolti nel 1976 in un’ unica pubblicazione intitolata I Magnasoete.

Virgilio amò Breganze e i breganzesi sia direttamente che tramite Firmino. Amava passeggiare da casa di Firmino allo sbocco della via dove conosceva tutti. Gli piaceva fermarsi a chiacchierare e amava frequentare ristoranti e botteghe del centro: adorava il Toresan.
Fu orgoglioso quando gli proposero la cittadinanza onoraria di Breganze, fu orgoglioso quando venne proclamato amico della Magnifica Fraglia del Torcolato, e altrettanto lo sarebbe ora nel vedere le iniziative nate a Breganze in suo onore. Virgilio amò Breganze più della sua Vicenza, soprattutto negli ultimi anni, quando fu costretto a vendere il suo rifugio-libreria.

Con il peggiorare della malattia, le visite si erano diradate e il tempo di permanenza da Firmino si era fatto più breve Si accontentava di qualche ora rubata con accompagnatori inusuali pur di far visita a Firmino e alla sua gente.
Si accontentava della solita battuta, gli bastava verificare che tutto fosse come l’ultima volta; sostituiva le mancate visite a lunghe telefonate silenziose. Forse per questo aveva espresso il desiderio di essere seppellito a Breganze se Vicenza non lo avesse accolto nel cimitero “degli illustri”.

Sai Virgilio, da qualche tempo, appollaiata sulla croce che domina il paese, c’è una civetta e ogni sera emette un piccolo richiamo: “Sei forse tu?”.
Comunque sia, io le rispondo da piccola “soeta da gnaro”, come tu mi avevi affettuosamente battezzata.

                                                                                                                                                                                               Franca Miotti

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