STORIA DEL GRUAJO

La storia potrebbe cominciare anche così:
Una sera il padre di Firmino sentendo vicino la morte lo chiamò vicino al letto e gli disse:
-Lo sai che non sono ricco, che sto morendo su un giaciglio di paglia e non su un materasso di lana, che la mia vita è stata un lungo pranzo di pane mai mangiato a sufficienza.

Ma ti voglio lasciare qualcosa che un giorno potrà dare i suoi frutti. Va in fondo al campo dove ci sono le tre vecchie viti con i tronchi contorti e a groppi, chiamate cruvaie. Né i bambini né gli uccelli mangiano quell’uva perché sembra cruda e acerba. Ma tu  va e raccoglila, spremila e quel vino sarà la fortuna tua e la gioia di quanti lo berranno .
E Firmino andò a raccogliere quell’uva disprezzata, la schiacciò fra le sue dita dure come i denti del rastrello e riempì la sua scodellona di mosto. Lo lasciò fermentare e in capo a qualche giorno bevve quel vino ancora immaturo e capì quale tesoro il padre gli avesse lasciato e corse come tutti i figli riconoscenti a piangere sulla sua tomba.

Che il vino cruvaio sia un vino da favola nessuno lo mette in dubbio sin dal primo assaggio. Quel suo amaro sapido antico, quasi la sintesi di tutti gli amari delibati negli altri vini, quel suo colore profondo che è la somma delle varie tonalità di rosso attraverso cui è passato durante l’invecchiamento ne fanno il prodotto più prestigioso e inimitabile non solo dei campi di Firmino ma di tutte le colline di Breganze.

Curatissime e amatissime un tempo, le viti di cruvaio cominciarono a sparire dopo questa ultima guerra mondiale.
Quei grappoli sempre pieni di acini maturi e di acini acerbi la bollavano quasi un’uva maledetta, che partiva bene in fioritura, faceva un bel graspo lungo e largo con tanti grani a promessa di grande vendemmia e che un cattivo sortilegio condannava, apparentemente solo però, a mal maturare. E i contadini suggestionati e mal consigliati cavarono quelle vigne credute maledette e indecorose dai loro vigneti.

Alcuni pochi sapevano che anche quei grani verdastri portavano dentro un succo prelibato perché la natura ama fare scherzi agli uomini, truccarsi e mascherarsi per essere scoperta sempre da questi alcuni pochi.

Firmino, uno dei più nobili vinificatori di Breganze, è stato fra i primi a risquarciare i veli del vino cruvaio.
E ha scavato lunghe trincee sulla sua collina e vi ha piantato le nuove cruvaie fatte con i calmi delle tre viti della favola.
Quando tutte le altre uve sono vendemmiate, nei campi rimangono le uve cruvaie e Firmino che con il suo passo pesante tende i vignali attento che un colpo di freddo improvviso non faccia scoppiare quegli acini fatati.

E poi vendemmia da solo tirando giù i grappoli che depone nelle ceste per una ulteriore maturazione nei granai.
Quando i graspi hanno perso la loro acqua, Firmino vinifica pigiando delicatamente, cavando solo il fiore del vino per la gioia dei suoi amici e di quanti riusciranno a tenere in mano un bicchiere pieno di cruvaio , guardandolo contro luce, annusarlo e mettere religiosamente le labbra su quel vino, bevendolo a piccoli sorsi con la sacralità dovuta a un bene che si era perso e che è stato ritrovato.

CRUVAJO O GRUAJO (nell’eccezione corrente) vino esclusivo della zona di Breganze , viene prodotto in quantità limitatissime. 

Virgilio Scapin

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